Base scientifica
Le politiche pubbliche dirette a erogare assistenza e servizi, le forme d’intervento statale che, disciplinando la distribuzione dei redditi generata dalle forze del mercato, si prefiggono di assicurare benessere ai cittadini sono oggi parte integrante dell’iniziativa statale e uno degli elementi caratterizzanti le società democratiche progredite. Oggi è inoltre evidente l’interazione tra l’intervento pubblico e le iniziative private di cooperazione, volontariato solidale e, più in generale, le espressioni della cosiddetta economia no-profit.
Assai meno immediata risulta la percezione della profondità storica dei fenomeni. Una consolidata tradizione culturale interpreta, infatti, il complesso del welfare-state come esito di un processo di maturazione delle moderne società occidentali avviatosi con l’accentramento in mano statale della funzione pubblica, che è uno dei criteri periodizzanti del trapasso dal Medioevo all’età moderna. Sino a tempi recenti, perciò, le iniziative assistenziali e ospedaliere d’antico regime sono state percepite come un fenomeno distante dalla nozione moderna di ‘servizio’ e dal concetto stesso di ‘funzione pubblica’.
La vasta fenomenologia delle iniziative caritativo-assistenziali medievali, religiosamente ispirate e legate, nelle fasi più risalenti, all’impulso e al controllo dell’apparato ecclesiastico, sono a lungo state percepite come manifestazioni di un’attitudine privata, slegata, quanto alle motivazioni, dalla valutazione del dato sociale ed economico, disattenta all’efficienza dei servizi, all’efficacia gestionale di circuiti economici che esaurivano il loro senso con la gratuità e l’investimento tutto spirituale e ultramondano. Si tratta di una prospettiva che, sul piano storiografico, ha giustificato la riduzione controriformista e ottocentesca della storia dell’assistenza a “storia della pietà” e la sua conseguente marginalizzazione.
Dagli anni Settanta del Novecento si è avviato un progressivo rinnovamento della prospettiva storiografica, grazie al moltiplicarsi degli studi sulla storia della povertà, dell’esclusione sociale e delle istituzioni di assistenza (Pullan 1971; Mollat 1974; Rubio 1984; Geremek 1986; Barry & Jones 1991; Brodman 1998; Farmer 2002; Horden 2008), consentendo di rimettere in discussione la visione di un’origine rigorosamente moderna del welfare, spingendo ad approfondire come e quando la responsabilità sociale verso i poveri abbia iniziato a tradursi in servizi offerti da parte dello Stato ai cittadini, e permettendo di leggere in termini nuovi anche le reti e le pratiche di assistenza che già nel basso medioevo emergono dal tessuto sociale delle comunità.
Le città italiane hanno costituito un campione di assoluto rilievo (Albini, Gazzini, Henderson, Piccinni, Sandri) per studi analitici e prime sintesi che hanno evidenziato il ruolo sempre più rilevante che, sin dal tardo Duecento, assunsero le loro istituzioni politiche, sempre più coinvolte, sia pure con ritmi e forza diversi, nel governo delle istituzioni di assistenza, sempre più consapevoli del loro rilievo politico, della gestione dei loro patrimoni, dell’importanza delle pratiche di credito solidale e redistribuzione etica della ricchezza, anche come presidio della pace sociale, e in vista della legittimazione etica del ceto e delle prassi di governo (Muzzarelli 2001; Avallone 2001; Gazzini 2006; Piccinni 2012; Ammannati 2013).
In quanto perfetta rappresentazione dell’orientamento al bene comune, il ‘buon governo’ dell’assistenza appare un terreno cruciale della politica delle città e degli stati, ben prima delle grandi riforme ospedaliere del Quattrocento, pur oggetto di un solido filone di studi. All’azione dei tradizionali protagonisti dell’assistenza (privati, lignaggi, confraternite, corporazioni, comunità ospedaliere, strutture e autorità ecclesiastiche) si sovrappose, e talora gradualmente si sostituì, la tutela e il controllo esercitato, in forme dirette o mediate da corpi intermedi, dalle élite politiche urbane su ampi settori del panorama assistenziale.
Nelle prassi politiche e nell’interazione tra iniziativa pubblica, corpi cittadini e opere assistenziali delle città italiane si intendono ricercare, sin da tardo Duecento, le origini della cultura e delle forme dell’assistenza pubblica che a livello europeo saranno evidenti solo fra Quattro e Cinquecento, quando, nel quadro di un’azione riformatrice, in larga parte d’Europa si inizierà a superare la frammentazione delle risorse destinate all’assistenza, con progetti e processi di riforma ospedaliera più chiari e consapevoli, accompagnati, nella varietà dei singoli casi, da una generale assunzione di responsabilità di tipo pubblico, mediante la fusione di enti e risorse, una serie di cambiamenti delle strutture materiali e istituzionali, la tendenza a distinguere e selezionare i destinatari, la specializzare del personale.
Descrizione del progetto
A partire da una solida base scientifica di partenza e valorizzando le competenze specifiche dei suoi membri il gruppo di ricerca si prefigge di mettere in luce le origini della cultura europea dell’assistenza, indagando le forme di protezione sociale e di credito solidale che, nei contesti cittadini dell’Italia del basso medioevo e della prima età moderna, vennero elaborate all’interno delle società urbane, ed approfondendo con particolare attenzione il ruolo crescente che, nel dispiegarsi di queste prime forme di welfare, ebbe l’impulso ed il coordinamento esercitato dai poteri politici locali sia sulle città, sia sulle campagne.
Le diverse unità di ricerca saranno impegnate a sviluppare lo studio dell’evoluzione dei sistemi assistenziali di alcuni grandi e medi contesti urbani dell’Italia tra XIII e XV secolo, senza trascurare affondi anche sul periodo precedente e successivo, concentrandosi in particolare su alcuni ambiti territoriali che offrono una significativa campionatura e ben si prestano ad una prima riflessione comparativa: la Lombardia storica, l’Emilia occidentale, la marca veronese-trevigiana (dove saranno prese in considerazione città e centri minori sia di pianura, come Parma, Milano, Treviso, Monza, sia di montagna, come Bobbio, Pontremoli, Bormio e Brusio); la Toscana (che vedrà analizzate in particolare Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Pistoia); l’Italia meridionale continentale e insulare (con indagini su Napoli e province, Palermo, Cagliari) .
Sulla base delle indagini specifiche condotte sui campioni territoriali indicati, il gruppo si propone altresì, attraverso una costante interazione tra le diverse unità di ricerca e l’organizzazione di importanti occasioni di confronto comparativo con altre realtà di scala europea e mediterranea, di approdare a una sintesi sull’emergenza delle politiche pubbliche di assistenza nell’Europa tardomedievale, cioè appunto quanto si è voluto sintetizzare con l’espressione “alle origini del welfare”.
Assi tematici
La ricerca condotta dal gruppo, nelle sue diverse unità, si concentrerà in modo particolare su questi assi tematici:
- Quanto alla genesi dei modelli assistenziali e alla loro circolazione nel contesto delle riforme quattrocentesche il gruppo si propone di indagare le ragioni che determinano l’assurgere di alcune realtà locali (principalmente toscane, poi anche lombarde e aragonesi) al ruolo di riferimento ideale, spesso anche a prescindere dalla reale riproducibilità del modello; si intende anche ricostruire i canali di circolazione della buona reputazione di tali realtà e delle informazioni sulla loro organizzazione istituzionale e gestionale, ed inoltre mettere a fuoco il ruolo che le normative – elaborate dalle esperienze assistenziali o ad esse rivolte, di matrice tanto laica che ecclesiastica – ebbero nella costruzione e nella divulgazione di tali modelli.
- Un ambito specifico di indagine sarà quello delle forme ‘reticolari’ che connotò l’organizzazione delle strutture assistenziali e del progressivo farsi sistema di reti ospedaliere, diverse per origine ed estensione, compiutosi tra XIII e XV secolo. L’ evoluzione del panorama locale dei luoghi di assistenza verso sistemi sempre maggiormente integrati e sempre più connotati, per la natura dell’utilità loro riconosciuta e le forme del loro governo, in termini di servizi pubblici implicò, difatti, non solo l’interazione locale tra istituzioni di tipo diverso, ma anche l’espansione territoriali degli enti più grandi, con la creazione di filiali, dipendenze e centri aziendali.
- Sullo sfondo delle trasformazioni economiche del basso medioevo, i ricercatori indagheranno le relazioni tra le istituzioni assistenziali e il denaro ed altre forme di ricchezza; i legami tra lo sfruttamento economico delle terre, le persone che le lavoravano e le capacità di accogliere o sostenere utenti bisognosi; il profilarsi delle basi teologiche e giuridiche intorno alla legittimità dell’uso del denaro in contesti caritativi; la costruzione di sistemi di finanziamento delle strutture assistenziali; il significato degli investimenti nella carità da parte delle diverse componenti della società locale.
Nel quadro del processo di municipalizzazione dell’assistenza realizzatosi in molte città, specie sotto la guida dei regimi di popolo, sarà oggetto di specifica attenzione l’impiego nell’amministrazione dell’assistenza delle competenze gestionali maturate dagli esponenti del ceto mercantile-imprenditoriale in vario modo coinvolti con ruoli di responsabilità nella guida degli enti. Verrà in tale prospettiva approfondita anche la conoscenza degli aspetti tecnico-contabili e dei sistemi di tenuta delle scritture amministrative che sostennero le nuove strategie economiche intraprese dalle strutture assistenziali. Più in generale, anche attraverso il confronto tra i sistemi documentari di istituzioni assistenziali e caritative attive in realtà sociali analoghe, saranno indagati i rapporti che si realizzarono tra l’amministrazione delle ricchezze immobiliari e finanziarie dei grandi ospedali, l’azione economica delle compagnie d’affari private e la gestione delle finanze comunali. - Ricerche specifiche saranno dedicate al ruolo che, nel quadro di tali scelte gestionali, ebbe la raccolta e l’erogazione del credito da parte di alcuni grandi strutture assistenziali: queste pratiche saranno indagate non solo in relazione ai fini assistenziali che tali servizi si prefiggevano e al loro ruolo nel finanziamento del sistema della ‘pubblica carità’, ma anche alla luce dell’impatto che esse ebbero nel complessivo ciclo economico locale, sia garantendo la protezione dei patrimoni privati, sia come forma di finanziamento del debito pubblico.
- Nel quadro dell’attenzione specifica che il gruppo riserverà alle trasformazioni che investono tra tardo medioevo e prima età moderna la composizione dei destinatari delle politiche assistenziali e la loro percezione sociale, un particolare rilievo assume l’indagine del rapporto fra le istituzioni assistenziali e quegli individui che, pur essendo inseriti nel meccanismo della produzione e commercializzazione di beni e servizi con una propria qualifica non necessariamente infima, erano per più aspetti sottoposti a forme di deprivazione (‘povertà laboriosa’). Si intende in tal senso approfondire il ruolo avuto nella trasformazione dell’assistenza tardomedievale dalle Corporazioni, il cui impegno a favore degli iscritti in difficoltà economica o in cattive condizioni di salute affiora talvolta dalle fonti, quali furono le forme prevalenti di sostegno erogate dagli istituti assistenziali in favore della povertà laboriosa e in che misura queste incidevano sulla reale condizione economica e psicologica dei beneficiati. Ci si propone inoltre di chiarire se una parte consistente del salariato – i dipendenti di artigiani e dettaglianti, i lavoratori meno qualificati dell’edilizia, gli operai delle manifatture tessili – trovassero o meno nelle strutture assistenziali uno spazio proporzionale al loro peso effettivo nell’insieme dei ‘poveri laboriosi’, indagando anche in quale misura il disprezzo sociale che li connotava potesse pesare nel loro mancato accesso ai servizi assistenziali. Si intende infine appurare con quale livello di consapevolezza od intenzionalità l’organizzazione di forme specifiche di sostegno ai ceti produttivi impoveriti venne utilizzata come rimedio al malcontento e al disordine sociale, o come forma di neutralizzazione della carica, potenzialmente eversiva, di poveri, diseredati, marginali.
Per le realtà che presentano un contesto documentario a ciò particolarmente favorevole, verrà inoltre riservata specifica attenzione ai carcerati, oggetto di una delle opere evangeliche di misericordia temporale e dunque destinatari di particolari forme di sussidio materiale, di conforto spirituale, e di protezione legale. Indagare la condizione dei carcerati si rivelerà un modo per cogliere le dinamiche di esclusione e di inclusione sociale pertinenti al controllo della devianza, una via di accesso all’ideologia religiosa, un mezzo per scavare nelle condizioni sociali ed economiche di una fetta di popolazione finora assente nelle ricostruzioni storiche, e permetterà infine un’ulteriore verifica dei meccanismi di relazione tra governanti e governati. Si indagherà infatti anche sull’inserimento dei carcerati poveri nella categoria dei soggetti deboli, dei miserabiles, dei poenitentes, dal punto di vista processuale destinatari in quanto tali di uno specifico favor, che si configurò nei secoli medievali come elemento costitutivo del potere, e dal punto di vista del diritto sostanziale di complessi normativi volti ad alleviare le condizioni di disagio, ad esempio nel finanziamento delle iniziative assistenziali loro dedicate. - Particolare attenzione verrà inoltre riservata all’approfondimento del rilievo monumentale che assume tra basso medioevo e prima età moderna l’evoluzione materiale dei complessi ospedalieri urbani. Questi non verranno indagati solo in relazione alle trasformazioni delle funzioni assistenziali: per l’imponenza e la ricchezza di tali edifici e per la fortissima identità civica di cui sono portatori, a partire dalla loro centralità materiale e simbolica nel tessuto urbano i grandi ospedali urbani – talora già prima dei grandi cantieri connessi alla realizzazione delle nuove strutture frutto delle ‘moderne’ concentrazioni ospedaliere, ed a maggior ragione all’indomani di queste ultime – assurgono chiaramente al ruolo di “simboli monumentali della magnificenza cittadina”.
- L’evoluzione delle politiche assistenziali e l’elaborazione di forme di protezione sociale indirizzate a specifiche categorie poste in atto attraverso quello che si configura come un vero e proprio “sistema della carità” definitosi con chiarezza in ambito urbano nel corso del XIV secolo, saranno fatte oggetto di approfondimento anche dal punto di vista dell’assetto delle strutture archivistiche e delle modalità di organizzazione della memoria da parte degli soggetti coinvolti.
Metodologie di ricerca
Quanto alle metodologie impiegate, la pluralità di situazioni e di assetti – alcuni di portata regionale, altri implicanti prospettive di più ampia portata – e lo scenario cronologico esteso, rendono indispensabile il ricorso a percorsi duttilmente differenziati che, tuttavia, poggiano su alcuni punti fermi. Prima di tutto si intende procedere con ricerche-campione convergenti comunque su una prospettiva di sintesi rispondente all’obiettivo generale. Si prevede che tali indagini si muovano entro le seguenti coordinate:
1. la città, perchè riteniamo che i centri urbani, a partire dal secolo XI, siano i luoghi in cui si opera una sintesi delle forze presenti sul territorio e in cui vengono elaborati politiche assistenziali dotate di sufficiente vigore;
2. le istituzioni in essa operanti, sia sul piano del potere pubblico, sia sul piano di quello ecclesiastico;
3. gli ambienti rurali, perchè l’analisi dei territori rurali si rivela capace di verificare sul piano concreto i luoghi degli investimenti economici e del finanziamento della carità, sin dai secoli altomedievali e ovviamente con maggiore intensità via via che si procede verso l’età moderna;
4. comparazioni con altre aree italiane, per rilevare sinergie o dissonanze, nella direzione di individuare sperimentazioni di coordinamento sovralocale, come reti assistenziali di consorzi intercittadini, oppure culture economiche condivise, ad esempio nella tenuta di libri contabili ed amministrativi, o ancora iniziative di razionalizzazione organizzativa e riforma amministrativa;
5. comparazioni su scala europea, al fine di confrontare i processi di razionalizzazione osservabili in molte istituzioni assistenziali dei diversi contesti italiani con casi scelti di riforma del welfare in altri ambiti mediterranei (principalmente quelli dell’area catalano-aragonese, i grandi centri urbani dell’area franco-provenzale) e continentali (particolarmente in città interessate dalla Riforma protestante, come Strasburgo, Norimberga, etc.).
6. Un’ attenzione costante, quanto all’impiego delle fonti, all’integrazione del dato archivistico-documentario con il complesso delle fonti materiali, con particolare riferimento ai complessi architettonici e al vario, e spesso rilevante, patrimonio artistico trasmesso dagli enti assistenziali tardomedievali.
Articolazione del progetto
Nel quadro di una costante interazione, assicurata da periodici momenti di confronto, il progetto verrà portato avanti dalle 4 unità con una precisa suddivisione dei ruoli. Le unità di Parma, Siena (coord. Piccinni) e Napoli svilupperanno i principali obiettivi generali in relazione ai rispettivi ambiti territoriali (Italia settentrionale, centrale, meridionale), approfondendo l’evoluzione delle reti assistenziali locali, dei tempi e i modi dell’affermazione della loro gestione pubblica, del ruolo svolto in tale processo dalla circolazione dei modelli assistenziali, dei sistemi di finanziamento delle opere e dell’inserimento della gestione dei patrimoni ospedalieri nello sviluppo delle prassi economiche pubbliche e private. L’unità di Siena (coord. Franceschi), si concentrerà sull’indagine delle forme di sostegno destinate ai ‘poveri laboriosi’ e alla ricostruzione del rilievo che queste ebbero nella costruzione di politiche di controllo sociale dell’Italia tardomedievale.
In particolare:
ASSI tematici relativi a
Reti e modelli ospedalieri.
L’unità di Parma, collegandosi a esperienze di studio precedenti dei componenti l’Unità e relative alla multiforme tipologia di enti assistenziali operanti nell’Italia settentrionale nei secoli VIII-XVI, intende: a) individuare nell’Italia nordorientale e padana altri casi di diffusione di reti assistenziali con finalità caritative, religiose e politiche, per chiarire le dinamiche di rapporti intracittadini e sovralocali veicolati da argomenti assistenziali, proseguendo nella prospettiva aperta dallo studio della rete ospedaliera del monastero di Bobbio, della rete confraternale/ospedaliera del Consorzio dello Spirito Santo, e della rete cavalleresco/assistenziale dei frati Gaudenti; b) approfondire le indagini sugli interventi di riforma ai quali molti enti ospedalieri lombardi, veneti ed emiliani furono sottoposti dalle autorità politiche e/o ecclesiastiche.
L’unità di Siena (coord. Piccinni), sfruttando la ricca documentazione dell’ospedale senese di Santa Maria della Scala, intende ricostruire la fortuna che questa esperienza conobbe oltre i confini del territorio senese dando vita – tra Duecento e la prima età moderna – a una rete di dipendenze e filiazioni che si diramò in l’Italia centrale (Toscana – Umbria- Lazio), portando un efficace sistema assistenziale cittadino a innervare un intero sistema territoriale macroregionale. Verranno in particolare indagate le forme di circolazione del modello ospedaliero, il sistema di funzionamento economico e amministrativo della rete creatasi; il ruolo svolto dai poteri pubblici e municipali e dalla munificenza privata nella diffusione dell’esperienza, la consistenza edilizia delle strutture produttive e assistenziali che entrarono a far parte della rete.
L’unità ISSM-CNR – Napoli si propone di studiare le origini, l’evoluzione e lo sviluppo del particolare modello meridionale del sistema di supporto sociale, mettendone in evidenza le peculiarità e le eventuali differenze nel mezzogiorno continentale e insulare. L’evoluzione delle strutture di assistenza verrà indagata in relazione alla trasformazione della mentalità religiosa e della moralità condivisa, delle dinamiche politiche del Regno, e del complesso sistema di contrattazione tra popolo e nobiltà proprio delle regioni meridionali. Attraverso l’uso di tecnologie mappanti intende esaminare la transizione dalle iniziative caritative private per il supporto dei poveri, sia strutturali sia congiunturali, alle strategie pubbliche statali, così come le relazioni intercorrenti tra la salute pubblica e il Welfare.
Ospedali, prassi e teorie economiche, circolazione del denaro e del credito.
L’unità di Parma indagherà le relazioni tra le istituzioni assistenziali e il denaro e altre forme di ricchezza materiale e immateriale: in particolare le culture tecniche e contabili relative alla registrazione e amministrazione dei beni ospedalieri, la verifica della capacità di costruire sistemi di finanziamento a favore dei poveri attraverso lo sfruttamento delle terre dipendenti dagli enti assistenziali.
L’unità di Siena (coord. Piccinni), sfruttando la documentazione degli archivi ospedalieri di Siena, Arezzo e Prato, approfondirà lo studio della gestione economica dei grandi enti assistenziali urbani nel corso del Tre e Quattrocento, quando tanti banchieri e mercanti furono coinvolti nella loro conduzione. Verranno in tal senso ricostruite le forme di circolazione delle competenze gestionali, i segni dell’emergere dei connotati imprenditoriali di alcuni ospedali e, in particolare, della funzione che essi presero a svolgere nel maneggio del denaro, investendo, o movimentando capitali, ricevendo depositi o prestando. Si indagheranno in particolare il ruolo svolto nel settore del credito da alcuni ospedali e le loro connessioni con i Monti fondati dalla seconda metà del XV secolo proprio associando finalità caritative e servizi di credito.
L’unità ISSM-CNR – Napoli, partendo dalle acquisizioni di studi recenti, convergenti nel sottolineare l’importanza dell’intensa attività creditizia operante a tutti i livelli della società urbana tra tardo medioevo e prima età moderna, indagherà sulla rilevanza economica e sociale assunta dal credito solidaristico. Se, infatti, nel Mezzogiorno il credito era, in un primo momento, offerto da ospedali e altre istituzioni simili, sul finire del ‘400 iniziò a diffondersi una fitta rete di istituti – Monti di pietà e Monti frumentari – specializzati nell’erogazione di piccoli prestiti in denaro e in natura a costi contenuti, a volte originati dalle stesse istituzioni caritative. Tali istituzioni dettero vita a vere e proprie banche, la cui ricchezza e la cui attività fu di supporto all’economia meridionale per tutta l’età moderna. L’obiettivo è documentare e mettere a confronto le trasformazioni funzionali degli enti preposti a erogare credito al consumo e di evidenziare la presenza di circuiti informali, il carattere e il costo delle operazioni, la tipologia delle transazioni. Nell’esaminare l’evoluzione di questa peculiare tipologia di prestito dalla forte impronta solidaristica, riceverà particolare attenzione la fondamentale funzione anticiclica dispiegata in ambito urbano nelle ricorrenti fasi di penuria a sostegno dei consumi alimentari della “povertà” laboriosa.
Assistenza e “povertà laboriosa”
L’unità di Siena (coord. Franceschi) si dedicherà allo studio dell’assistenza ai ‘poveri laboriosi’, in particolare nelle città e nei centri minori della Toscana. L’Unità intende dare risposta a alcune questioni emerse durante la stagione di studi su povertà, marginalità e assistenza sviluppatasi negli anni Settanta e Ottanta del Novecento ma che non sono state adeguatamente sviluppate dalla storiografia successiva. Per delineare il quadro delle istituzioni che assistevano i poveri laboriosi e le loro eventuali sinergie e interazioni sarà ricostruito l’operato di ospedali, enti elemosinieri, confraternite o, soprattutto nei centri minori, dello stesso organismo comunale, ma anche il ruolo dei sodalizi a base professionale (compresi quelli formati dai lavoratori dipendenti) e delle Corporazioni, il cui impegno a favore degli iscritti in difficoltà economica o in cattive condizioni di salute affiora spesso dalle fonti. Per verificare la capacità dei sistemi di protezione sociale di surrogare le fonti di sussistenza normalmente a disposizione dei soggetti bisognosi, inoltre, si ricostruiranno le forme prevalenti di sostegno assicurate dagli istituti assistenziali e la loro reale incidenza sulla condizione economica e psicologica dei pauperes. Un’attenzione speciale sarà dedicata alla composizione della platea dei beneficiati, per chiarire se l’assistenza avesse un carattere ‘paritario’ o se invece non privilegiasse – come suggeriscono i primi sondaggi nella documentazione – , artigiani e dettaglianti, cioè individui che avevano goduto di una certa rispettabilità e che potevano essere aiutati a recuperare il loro ruolo nella società, rispetto al mondo del salariato urbano meno qualificato, sul quale continuava forse a pesare il ‘pregiudizio meccanico’. Anche alla luce del fatto che fra Due e Trecento i Comuni ‘di popolo’ attuarono politiche di disciplinamento dei comportamenti e nello stesso tempo si sforzarono di esercitare il controllo sulle istituzioni caritative, si approfondiranno cronologia, strumenti, premesse ideali, risultati delle azioni intraprese dagli enti assistenziali ai fini di un disegno di disciplinamento sociale. Si cercherà perciò di evidenziare quanto, nelle motivazioni delle attività di sostegno ai ceti più disagiati, possa essere interpretato come rimedio al malcontento e al disordine sociale o come forma di neutralizzazione della carica, potenzialmente eversiva, di poveri, diseredati, marginali.
Interazione tra le diverse unità
Nel corso del triennio ogni Unità organizzerà un workshop che coinvolgerà tutti i componenti del gruppo di ricerca e potrà approdare alla pubblicazione di volumi a stampa o e-book che permettano la disseminazione dei risultati. I principali risultati emersi circa i primi sistemi pubblici di assistenza in Italia verranno discussi alla luce della comparazione con altri contesti europei: in questa prospettiva sarà fondamentale l’apporto della subunità (EHESS, Parigi), il cui coinvolgimento mira appunto ad assicurare l’avanzamento di una prospettiva comparativa che conosce a oggi tentativi piuttosto rari, pur a fronte di una poderosa tradizione di studio sui cambiamenti dei sistemi assistenziali in specifici contesti locali, a esempio nelle diverse città protestanti. Al termine del triennio un convegno internazionale darà occasione a una riflessione di sintesti, con l’obiettivo specifico di consentire alla storiografia europea di valutare al meglio il significato sul lungo periodo delle iniziative razionalizzatrici, degli argomenti riformistici o anti-riformistici, delle nuove categorizzazioni dell’utenza bisognosa e delle idee che fondarono le politiche del welfare nell’Europa tardomedievale e moderna
Eventuali potenzialità applicative, impatto scientifico e/o tecnologico e/o sociale e/o economico
Tenendo conto del grande rilievo che assume, nei diversi contesti interessati dall’indagine, il composito patrimonio culturale prodotto dagli antichi enti di assistenza (grandi complessi ospedalieri, centri aziendali per la gestione dei patrimoni fondiari, opere d’arte, collezioni scientifiche, fondi archivistici) le conoscenze storiche maturate attraverso la ricerca proposta possono senz’altro offrire un contributo rilevante nel promuovere azioni orientate alla conservazione e alla fruizione del patrimonio architettonico, artistico e documentario degli antichi ospedali. In alcune realtà, i risultati della ricerca possono inoltre fornire un valido contributo alla elaborazione di progetti di restauro e riqualificazione di questi edifici storici e la creazione di contesti museali e centri di documentazione sulla dimensione storica dell’assistenza, la cultura del benessere, e la carità. Concrete esperienze di recupero e riconversione funzionale di grandi ospedali storici in centri culturali, così come la grande diffusione dei percorsi turistici urbani e rurali legati al benessere, mostrano come il patrimonio culturale legato agli antichi enti assistenziali possono senz’altro diventare una risorsa importante per il turismo culturale. Ai risultati della ricerca proposta può dunque legarsi anche un’occasione per il recupero o la migliore valorizzazione del potenziale culturale, economico, turistico e delle regioni coinvolte.
Anche sul piano sociale le informazioni acquisite attraverso l’analisi delle reti di solidarietà operanti nelle società del passato, il recupero della memoria dei modelli assistenziali implementati nelle diverse regioni d’Europa all’insegna del concetto di ‘hospitalitas “e di bene comune, lo studio del progressivo riconoscimento dell’accesso ai servizi assistenziali come elementi costitutivi dei diritti di cittadinanza, possono avere ricadute importanti. Tramite una disseminazione dei risultati che contempli un dialogo multilaterale con le istituzioni politiche locali e le associazioni e fondazioni coinvolte nel sociale, le conoscenze acquisite possono senz’altro contribuire alla formazione di una più matura consapevolezza del delicato rapporto tra servizio pubblico e iniziativa sociale, favorendo l’impegno civico e una cittadinanza più matura, con potenziali ricadute anche sulla qualificazione delle attuali politiche di salute pubblica.
A partire da una solida base scientifica di partenza e valorizzando le competenze specifiche dei suoi membri il gruppo di ricerca si prefigge di mettere in luce le origini della cultura europea dell’assistenza, indagando le forme di protezione sociale e di credito solidale che, nei contesti cittadini dell’Italia del basso medioevo e della prima età moderna, vennero elaborate all’interno delle società urbane, ed approfondendo con particolare attenzione il ruolo crescente che, nel dispiegarsi di queste prime forme di welfare, ebbe l’impulso ed il coordinamento esercitato dai poteri politici locali sia sulle città, sia sulle campagne.
Coordinate dal P.I., le unità di Parma, Siena (coord. Piccinni) e Napoli svilupperanno gli obiettivi generali in relazione ai rispettivi ambiti territoriali (Italia settentrionale, centrale, meridionale), approfondendo l’evoluzione delle reti assistenziali locali, dei tempi e i modi dell’affermazione della loro gestione pubblica, del ruolo svolto in tale processo dalla circolazione dei modelli assistenziali, dei sistemi di finanziamento delle opere e dell’inserimento della gestione dei patrimoni ospedalieri nello sviluppo delle prassi economiche pubbliche e private. L’unità di Siena (coord. Franceschi), indagherà le forme di sostegno destinate ai ‘poveri laboriosi’ e il rilievo che queste ebbero nella costruzione di politiche di controllo sociale dell’Italia tardomedievale.
Nel corso del triennio ogni Unità organizzerà un workshop che coinvolgerà tutti i componenti del gruppo di ricerca e potrà approdare alla pubblicazione di volumi a stampa o e-book che permettano la disseminazione dei risultati. I principali risultati emersi circa i primi sistemi pubblici di assistenza in Italia verranno discussi alla luce della comparazione con altri contesti europei: in questa prospettiva sarà fondamentale l’apporto della subunità (EHESS, Parigi), il cui coinvolgimento mira appunto ad assicurare l’avanzamento di una prospettiva comparativa che conosce a oggi tentativi piuttosto rari, pur a fronte di una poderosa tradizione di studio sui cambiamenti dei sistemi assistenziali in specifici contesti locali. Al termine del triennio un convegno internazionale darà occasione a una riflessione di sintesi, con l’obiettivo specifico di consentire alla storiografia europea di valutare al meglio il significato sul lungo periodo delle iniziative razionalizzatrici, degli argomenti riformistici o anti-riformistici, delle nuove categorizzazioni dell’utenza bisognosa e delle idee che fondarono le politiche del welfare nell’Europa tardomedievale e moderna